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Aliquota agevolata per le lezioni private

Aliquota agevolata per le lezioni private

La legge di bilancio 2019 ha istituito un’imposta sostitutiva pari al 15% sui compensi derivanti dall’attività di lezioni private e ripetizioni svolta dai docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado.

Il nuovo regime è riservato ai docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado che svolgono l’attività di lezioni private e ripetizioni. Sono quindi esclusi:

  • i docenti nella scuola statale senza titolarità di cattedra (supplenti)
  • i soggetti che non svolgono attività di insegnamento nelle scuole, studenti, giovani laureati che offrono il loro sapere agli studenti in varie materie.

I compensi saranno tassati con un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 15%, versata entro i medesimi termini dell’IRPEF.

La norma non chiarisce la natura reddituale del compenso ma si limita a indicare la tipologia di attività svolta dal docente. La circostanza che resti facoltativo assoggettare detti compensi all’imposta sul reddito nei modi ordinari, facendoli confluire nel reddito complessivo IRPEF, porta, sia pure indirettamente, a considerare tali redditi tra quelli di lavoro autonomo (art. 53 del TUIR), oppure tra i redditi diversi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente (art. 67 co. 1 lett. l) del TUIR).

La norma, persegue l’obiettivo di contrastare il fenomeno dei pagamenti in nero nel variegato e ampio contesto delle ripetizioni scolastiche, introducendo una fiscalità di favore in un contesto difficile da controllare, con singoli importi modesti effettuati il più delle volte in contanti.

Dall’applicazione della nuova normativa che, consente di non cumulare detti compensi alla retribuzione da lavoro dipendente, il Governo spera di far emergere a tassazione una fetta di redditi di difficile intercettazione.

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Prorogato il “Bonus verde” per l’anno 2019

Prorogato il “Bonus verde” per l’anno 2019

Anche per quest’anno sarà possibile richiedere la detrazione fiscale Irpef per la sistemazione di giardini e terrazzi. Vediamo di seguito come funziona e per quali lavori spetta:

L’importo del bonus riconosciuto è pari al 36% e sarà possibile detrarre fino ad un massimo di 5.000 euro di spesa, importo relativo ai lavori in ciascun immobile di proprietà. Il rimborso massimo a cui si avrà diritto è quindi pari a 1.800 euro.
Oltre che per la manutenzione di giardini e aree aperte, la detrazione Irpef del bonus verde spetta anche per le spese sostenute al fine di realizzare coperture a verde e giardini pensili, purché documentate e purché i pagamenti vengano effettuati con modalità tracciabili.

L’agevolazione è rivolta ai lavori di ristrutturazione e manutenzione delle aree verdi (come balconi, giardini e terrazzi) di edifici già esistenti e quindi non sarà fruibile per le case di nuova costruzione.

Spese ammesse in detrazione:

  • sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi;
  • realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

Il bonus verde spetta in relazione ai lavori svolti nel 2019 e alle relative spese di progettazione e manutenzione sia in edifici privati che in condomini.

Nel caso di lavori effettuati in parti comuni di edifici condominiali la detrazione fiscale del 36% è riconosciuta per un massimo di 5.000 euro per unità immobiliare presente, a condizione che l’importo della spesa sia stato effettivamente versato al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Obbligo di tracciabilità per i pagamenti:
Si potrà usufruire della detrazione esclusivamente eseguendo i pagamenti con strumenti idonei a consentire la tracciabilità delle operazioni, ad esempio tramite bonifico bancario o postale.

Modello 730 o Redditi:
Per dar corso alla detrazione, la richiesta dovrà essere effettuata con il modello 730 (o Redditi) da presentare nel 2020.
Il rimborso fiscale verrà riconosciuto in dieci quote annuali costanti e di pari importo: la detrazione dall’Irpef verrà ripartita a partire dalle imposte dei redditi dovute nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.

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Cedolare secca anche alle locazioni commerciali

Cedolare secca anche alle locazioni commerciali

La legge di bilancio per l’anno 2019 ha esteso la possibilità di applicazione della cedolare secca anche alle locazioni commerciali, ossia ai contratti di locazione stipulati nel 2019 ed aventi ad oggetto immobili iscritti nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 mq (al netto delle pertinenze), ed alle relative pertinenze locate congiuntamente; tale asserzione è contenuta nel comma 59 dell’articolo 1 L. 145/2018.

Riepiloghiamo sinteticamente le principali caratteristiche del regime in vigore:

  1. l’opzione può essere esercitata, da parte del locatore, per tutta la durata del contratto di locazione, ed è revocabile (alla scadenza di qualsiasi annualità contrattuale);
  2. il locatore deve essere necessariamente una persona fisica che pone in essere la locazione dell’immobile al di fuori dell’esercizio d’impresa o professionale;
  3. l’immobile deve essere destinato ad uso abitativo (e secondo l’Agenzia delle entrate il locatario non deve agire nell’esercizio d’impresa);
  4. sull’intero canone di locazione è applicata un’imposta “secca” del 21% (ridotta al 10% per alcune tipologie di contratti, tra cui quelli a canone concordato);
  5. l’opzione comporta il mancato pagamento dell’imposta di registro e di bollo, fermo restando l’obbligo di registrazione del contratto se la durata è superiore a 30 giorni.

Con la Legge di Bilancio 2019, si è quindi inteso estendere l’opzione anche ad alcune locazioni aventi ad oggetti immobili diversi da quelli ad uso abitativo, ed in particolare ai contratti che hanno per oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1 (tipicamente negozi e botteghe), con le condizioni precedentemente illustrate.

Pertanto, a differenza di quanto previsto nella prima versione del disegno di legge, la norma definitiva non contiene un’estensione della possibilità di optare per la cedolare secca a tutte le locazioni commerciali, ma solo a quelle aventi ad oggetto le descritte unità immobiliari. È opportuno evidenziare anche che la possibilità di applicare la cedolare secca non riguarda tutti i contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2019, ma solamente quelli sottoscritti nel 2019.

Trattandosi di una locazione commerciale è possibile che il locatario sia un soggetto che svolge attività d’impresa o di lavoro autonomo. In tale ipotesi, fermo restando che il locatore sia una persona fisica che pone in essere la locazione al di fuori di un’attività d’impresa, si ritiene che non vi sia alcun ostacolo alla possibilità di optare per la cedolare secca da parte del proprietario. In caso contrario, si vanificherebbe del tutto il già scarso appeal della norma.

Per evitare abusi, è previsto che il regime della cedolare secca non sia applicabile ai contratti stipulati nel 2019, qualora, alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, ed interrotto anticipatamente rispetto alla sua scadenza naturale.

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Fattura elettronica e commercianti al minuto

Fattura elettronica e commercianti al minuto

Nel commercio al dettaglio la fattura richiesta dal cliente deve necessariamente essere emessa in formato elettronico dallo scorso 1° gennaio 2019, a meno che il soggetto emittente non ricada in una delle condizioni di esonero previste dall’art. 1 comma 3 del DLgs. 127/2015.

In forza di quanto disposto dall’art. 22 del DPR 633/72, i soggetti che svolgono attività di commercio al minuto o assimilate non sono tenuti all’emissione della fattura, a meno che questa non sia “richiesta dal cliente, non oltre il momento di effettuazione dell’operazione”. Il rilascio della ricevuta o dello scontrino fiscale consente di adempiere l’obbligo di certificazione dei corrispettivi.

Si è avuta ulteriore conferma di tale principio nella risposta all’interpello n. 7, pubblicata ieri dall’Agenzia delle Entrate, che possiamo riassumere come segue:

  • il cliente chiede la fattura al posto della ricevuta o dello scontrino, l’esercente, in tal caso, può rilasciare un’apposita quietanza (articolo 1199 C.C) con rilevanza solo commerciale e non fiscale (in alternativa va bene anche la ricevuta del Pos, se presente) e trasmettere la fattura al SdI entro i termini della liquidazione periodica;
  • l’emissione di una quietanza sarà valida anche nelle operazioni tra un fornitore che, non effettuando operazioni rientranti tra quelle dell’art. 22, è obbligato ad emettere solo fatture ed un altro operatore IVA;
  • quando le fatture elettroniche sono precedute dall’emissione di scontrino o ricevuta fiscale (o, nel caso di trasmissione telematica dei corrispettivi, da un “documento commerciale”), nella fattura vanno riportati gli estremi identificativi dello scontrino/ricevuta.

Quindi viene stabilito che la fattura preceduta dallo scontrino emessa dai commercianti al minuto deve essere elettronica e deve riportare nel blocco informativo “Altri dati Gestionali” specifiche informazioni, quale, necessariamente, l’identificativo alfanumerico dello scontrino; tale posizione risulta in linea con la FAQ pubblicata il 21 dicembre 2018 e con il comunicato stampa del 28 dicembre 2018, secondo il quale, qualora il cliente sia un consumatore finale (operazione B2C), l’esercente dovrà comunque mettere a disposizione della controparte, al momento dell’emissione della fattura elettronica, una copia analogica o elettronica della fattura, salvo che il cliente non vi rinunci.

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Regime forfettario, analisi di convenienza

Regime forfettario, analisi di convenienza

Il Regime forfettario è un Regime fiscale rivolto a coloro che svolgono un’attività autonoma con Partita Iva individuale; è stato introdotto con la legge 190/2014 e la legge di bilancio per l’anno 2019 ha apportato significative modifiche, una su tutte il limite di accesso al regime è stato unificato per tutte le attività e portato a 65.000 euro.

Sono due le principali variabili che indicano la convenienza o meno dell’applicazione del Regime forfettario:
• Le spese sostenute durante lo svolgimento della propria attività.
• La situazione familiare nel complesso.

Le spese sostenute
Una delle principali novità apportata con l’entrata in vigore del Regime forfettario è rappresentata dal modo con cui si determinano le spese sostenute durante lo svolgimento dell’attività per il calcolo del reddito imponibile.
Nel Regime forfettario, il Reddito imponibile non viene determinato in maniera analitica, cioè attraverso la sottrazione tra ricavi e costi conseguiti nel corso dell’anno come negli altri Regimi fiscali, ma si ricava nel modo seguente:

• Si sommano tutte le fatture incassate (non le emesse, solo quelle incassate) così da ottenere i ricavi dell’anno;
• Ai ricavi così ottenuti, si deve applicare il coefficiente di redditività previsto per il proprio specifico Codice ATECO.

Il coefficiente di redditività rappresenta la porzione di reddito che verrà presa in considerazione ai fini del calcolo dell’imposta e dei contributi.
Il reddito escluso, attraverso l’applicazione del coefficiente di redditività, rappresenta le spese forfettarie.

Esempio:
Il sig. Bianchi svolge l’attività di agente di commercio.
Il coefficiente di redditività corrispondente al Codice ATECO dell’attività di agente e rappresentante è del 62%, e il limite di ricavi generabili, per tutte le attività, è di 65.000 euro.
Ipotizziamo che il sig. Bianchi, nel 2018 abbia conseguito ricavi per euro 45.000.
Per calcolare il Reddito imponibile, si dovrà applicare il coefficiente di redditività ai ricavi complessivi, ovvero: 62% X 45.000.
Si ottiene così un Reddito imponibile di 27.900 euro.

NB: al Reddito imponibile determinato applicando il coefficiente di redditività dovranno essere sottratti i contributi versati nell’anno precedente, ottenendo così il reddito imponibile al netto dei contributi per poter calcolare l’imposta sostitutiva. Al contrario, per quanto riguarda il calcolo dei contributi che si dovranno versare, si dovrà prendere come riferimento il Reddito imponibile lordo. Per semplificare questo esempio, supponiamo che il contribuente considerato non abbia versato contributi nell’anno precedente, e quindi il suo Reddito imponibile lordo coincide con quello netto. Le spese forfettarie sono sempre la differenza tra il 100% e il coefficiente di redditività, in questo caso del 38%, ovvero 17.100 euro.

Situazione familiare
A seconda della propria condizione familiare è possibile valutare la convenienza dell’adesione al Regime forfettario.

Esempio:
Famiglia Bianchi composta da genitori e due figli, con unico reddito entrante.
In questo caso se si aderisce al Regime forfettario, non potranno essere applicate le deduzioni/detrazioni Irpef riservate a coloro con figli a carico. Andranno, quindi, perse importanti somme che potrebbero vanificare i vantaggi derivanti dalla tassazione agevolata del Regime forfettario. Nel caso in cui nella famiglia Rossi i redditi percepiti siano 2 e solo uno di essi soggetto al Regime forfettario, le deduzioni/detrazioni Irpef per figli a carico verrebbero applicate al 100% al reddito non forfettario. Quindi, come è possibile notare, la convenienza dell’applicazione del forfettario è direttamente collegata alla situazione generale del tuo nucleo familiare.

Conclusioni
Quello fin qua illustrato serve a far capire che l’applicazione del Regime forfettario risulta conveniente solamente quando:
• Le spese effettivamente sostenute nello svolgimento dell’attività sono circa quelle che risulteranno dall’applicazione del coefficiente di redditività.
• La situazione familiare complessiva non vanifichi i vantaggi derivanti dalle semplificazioni del forfettario con la perdita di detrazioni/deduzioni Irpef.
• Si è in presenza di altri redditi, quali per esempio quelli da lavoro dipendente o assimilati, in quanto non si subisce il cumulo fiscale e si conservano le deduzioni e detrazioni di legge.

Riprendendo il nostro esempio, se Tizio in realtà durante lo svolgimento della sua attività di agente ha speso una cifra di molto superiore a 17.100 euro che rappresentano le spese calcolate in modo forfettario, dovrà seriamente prendere in considerazione di rinunciare al forfettario, in quanto la parte eccedente agli 17.100 euro di spese sostenute non potrà essere sottratta ai fini del calcolo del Reddito imponibile.

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