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Deroga ammortamenti 2020

Deroga ammortamenti 2020

ammortamentiL’art. 60 comma 7-bis ss. del DL 104/2020 convertito consente, nell’esercizio in corso al 15 agosto 2020, di non effettuare fino al 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali ai soggetti che non adottano i principi contabili internazionali.
Si potrà scegliere la misura dell’ammortamento da imputare a Conto economico, anche a una percentuale inferiore al 100%.

Il documento interpretativo OIC 9, non ancora in versione definitiva, ribadisce che le motivazioni devono essere indicate nella Nota Integrativa.
Secondo il documento, una società può decidere di avvalersi della norma derogatoria per ridurre la perdita o non incorrere in una perdita operativa registrata per effetto della pandemia e, a tal fine, stabilire che l’aliquota di ammortamento dell’anno sia pari a zero. Inoltre, una società può decidere di avvalersi della norma per ridurre l’effetto economico negativo derivante dalla chiusura parziale degli stabilimenti di produzione avvenuta nell’anno a causa della pandemia e, a tal fine, stabilire la quota di ammortamento utilizzando il criterio dei mesi di apertura. Ipotizzando, ad esempio, una chiusura di 6 mesi, la società potrebbe decidere di non effettuare il 50% degli ammortamenti di tutte le immobilizzazioni iscritte in bilancio. Nel caso, infine, di una società che possiede un impianto produttivo che ha lavorato, nel corso dell’esercizio 2020, per il 60% in conseguenza della pandemia, risulta corretto avvalersi della norma derogatoria imputando a Conto economico l’ammortamento delle immobilizzazioni materiali a esso riconducibili nella misura del 60%.

Anche Assonime, in sintonia con l’interpretazione dell’OIC, (circ. n. 2/2021) afferma che la disposizione derogatoria può trovare una giustificazione, non solo nei casi in cui vi è una mancata o ridotta utilizzazione di singoli beni o classi di beni, ma anche quando si sono manifestate situazioni che hanno prodotto un impatto negativo della pandemia da COVID-19 provocando una perdita di bilancio o una riduzione dei ricavi.
Il regime ordinario di valutazione ex art. 2426 c.c. consente di modificare il piano stesso, cambiando il metodo di ammortamento oppure incidendo sulla residua possibilità di utilizzazione del cespite, Quindi, se la pandemia ha modificato l’originario piano di ammortamento la deroga, per Assonime, “non può che essere quello di ampliare lo spazio di azione dei criteri di ammortamento, oltre i limiti previsti dalla disciplina ordinaria, fino ad arrivare alla completa sospensione della quota che sarebbe stata imputabile nell’esercizio in base al piano d’ammortamento originario”.

Quindi il regime derogatorio consente di sospendere l’ammortamento anche in caso di mancato utilizzo dei cespiti in via temporanea o per lungo tempo, al contrario il documento OIC 16 non consente alcuna interruzione dell’ammortamento.
Sempre secondo Assonime, la deroga dovrebbe essere consentita “anche quando ciò non si fonda sul minor utilizzo di un singolo bene o di una classe di beni ma deriva in senso più ampio dal fatto di aver subito, a livello economico, gli effetti negativi della pandemia da COVID-19”. Questa impostazione trova la sua logica nella considerazione per cui, mentre nel normale funzionamento dell’attività le quote di ammortamento, quali costi di gestione dell’impresa, si correlano con i ricavi prodotti attraverso l’utilizzo delle immobilizzazioni, a causa della pandemia “il sostenimento dei costi degli ammortamenti […] non trova una correlazione nell’ordinario processo di generazione dei ricavi”.

Infine, la dottrina afferma che il ricorso al regime derogatorio non sarebbe giustificato se la pandemia ha inciso positivamente sull’operatività dell’impresa, per i soggetti che hanno registrato, nel 2020, un incremento della produzione o del fatturato.

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Decreto “Ristori”

Decreto “Ristori”

contributiIl DL n. 137/2020 (cd. “decreto ristori”), interviene a supporto delle attività maggiormente colpite dalle misure restrittive introdotte dal Dpcm del 24 ottobre scorso. L’art. 1 del “decreto ristori” prevede indennizzi per tutte le imprese interessate dalle misure restrittive, rientranti nei codici ATECO di cui all’allegato 1 del medesimo decreto.

Si ricorda che il DL rilancio aveva già erogato contributi a fondo perduto alle imprese, che erano stati calcolati applicando percentuali differenziate a seconda del volume del fatturato e dei compensi:
• indennizzi pari al 20% della differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020, per i soggetti con ricavi/compensi 2019 non superiori a 400mila euro;
• indennizzi pari al 15% della differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020, per i soggetti con ricavi/compensi 2019 tra 400mila euro e 1 milione di euro;
• indennizzi pari al 10% della differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020, per i soggetti con ricavi/compensi 2019 tra 1 milione di euro e 5 milioni di euro.

Con Il decreto ristori si potranno ottenere anche il 400% di quanto ricevuto con il DL rilancio. Infatti, il nuovo contributo spettante sarà calcolato applicando diversi moltiplicatori alle somme ricevute in passato, a seconda del maggiore o minore danno subito dal settore di appartenenza (individuato in base al codice Ateco):
taxi e ncc riceveranno un indennizzo di ammontare pari al 100% di quanto già ricevuto;
alberghi, affittacamere, ostelli, rifugi montani, bar e gelaterie riceveranno un indennizzo di ammontare pari al 150% di quanto già ricevuto;
ristoranti, cinema, teatri, palestre, piscine, ecc. riceveranno un indennizzo di ammontare pari al 200% di quanto già ricevuto;
discoteche, sale da ballo, night club e simili, che avevano subito i provvedimenti restrittivi di chiusura ancor prima del Dpcm del 24 ottobre, riceveranno un indennizzo di ammontare pari al 400% di quanto già ricevuto.

Ad esempio, qualora un’impresa avesse ottenuto in passato un contributo a fondo perduto di 2.500 euro, con il decreto ristori riceverà i seguenti indennizzi:
• 2.500 euro in caso di esercizio di attività di taxi o ncc (2.500 x 100%);
• 3.750 euro in caso di esercizio di attività alberghiera, di bar o di gelateria (2.500 x 150%);
• 5.000 euro in caso di esercizio di ristoranti, cinema, teatri, palestre, piscine, ecc. (2.500 x 200%);
• 10.000 euro in caso di discoteche, sale da ballo, night club e simili (2.500 x 400%).

Le condizioni da rispettare per poter rientrare tra i beneficiari di tale misura, oltre al calo di 1/3 del fatturato aprile 2020 vs/aprile 2019, sono quella di aver partita IVA attiva alla data del 25 ottobre 2020 e di esercitare come attività prevalente una di quelle previste dall’allegato 1 al decreto.
Rispetto alla “vecchia versione” del contributo, potranno goderne anche due categorie di soggetti esclusi in passato: coloro che hanno avviato l’attività dopo il 30 aprile 2020 e coloro che hanno superato la soglia dei 5 milioni di euro di ricavi nel 2019.
Orientativamente dalla data dell’11 novembre dovrebbero cominciare ad arrivare sui conti correnti aziendali le prime erogazioni pubbliche, senza necessità di presentare alcuna istanza.

Per i soggetti che non hanno presentato domanda per il contributo precedente, l’iter non sarà così veloce. Infatti, non avendo comunicato in passato alcun IBAN sul quale eseguire l’accredito, dovranno presentare regolare istanza secondo termini e modalità che saranno definiti con un Provvedimento ad hoc del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

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Decreto “Cura Italia”: le proroghe

Decreto “Cura Italia”: le proroghe

covid19Si è svolto ieri, 16 marzo, il Consiglio dei ministri all’esito del quale è stato approvato il decreto “Cura Italia”. Come chiarito dal Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, nell’ambito della conferenza stampa che si è successivamente tenuta, il decreto appena emanato riguarda soltanto le misure ritenute urgenti per il mese di marzo.

Il decreto rappresenta quindi soltanto una prima risposta alla crisi “Coronavirus” sul piano economico, con utilizzo di tutto il limite di indebitamento netto autorizzato dal Parlamento; a questo decreto ne seguirà un altro, nel mese di aprile.

Il decreto “Cura Italia” si articola su cinque assi:
finanziamento aggiuntivo per il sistema sanitario nazionale, protezione civile e gli altri soggetti pubblici impegnati sul fronte dell’emergenza;
sostegno all’occupazione e ai lavoratori per la difesa del lavoro e del reddito;
• iniezione di liquidità nel sistema del credito;
sospensione obblighi di versamento per tributi e contributi;
• misure di sostegno per specifici settori economici.

Concentriamoci in particolare sul 4° punto, la “sospensione degli obblighi di versamento per tributi e contributi”.
La sospensione degli adempimenti tributari vale difatti per tutte le imprese e professionisti, ma il rinvio più concreto e “sostanzioso” dei versamenti è solamente per i soggetti Iva con volume di ricavi o compensi non superiore a 2 milioni di euro.

L’articolo 57 del decreto prevede un rinvio generalizzato (e quindi per tutti i soggetti, a prescindere dalla dimensione) di tutti i versamenti (fiscali, contributivi e assicurativi) scadenti nella giornata del 16 marzo al prossimo 20 marzo 2020. Sono rinviati quindi anche i versamenti relativi a ritenute e contributi su lavoro dipendente, come previsto dal successivo articolo 58.

Il seguente articolo 59 prevede poi diversi differimenti relativi alle scadenze del periodo marzo – maggio:
1. Al primo comma sono differiti al 30 giugno tutti gli adempimenti tributari scadenti tra marzo e maggio (prima fra tutti la dichiarazione annuale IVA, scadente il 30 di aprile);
2. Al secondo comma viene definito il precedentemente menzionato limite di 2 milioni di euro di fatturato per godere della sospensione “più lunga”: vengono dispensati dal versamento di tutti tributi da autoliquidazione relativi a ritenute, contributi previdenziali e assicurativi dei dipendenti e assimilati e dal versamento dell’IVA tutte le imprese e gli esercenti arti e professioni con un volume di ricavi e compensi non superiore ad euro 2.000.000. I tributi oggetto di questa proroga sono quelli scadenti tra l’8 e il 31 marzo. La nuova data di versamento prevista è il 31 maggio, in un’unica soluzione senza sanzioni e con la possibilità di ottenere in alternativa una dilazione in 5 rate del versamento;
3. Ulteriore punto importante è al comma 6 di questo articolo, il quale prevede un aiuto finanziario tramite la facoltà per i soggetti che subiscano ritenute da lavoro professionista o da agenti (e con ricavi non eccedenti i 400.000 euro) di esprimere ai sostituti di imposta l’opzione di non versare la ritenuta sul compenso ma di pagarla agli stessi professionisti per tutti i compensi percepiti tra l’entrata in vigore del decreto e il 31 marzo. I professionisti dovranno poi provvedere al versamento della propria ritenuta (in autoliquidazione) in unica soluzione il 31 maggio o con fino a 5 rate mensili a partire dalla stessa data.

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